Cosa Serve per Ottenere il Risarcimento per i Danni da Rumore in un Condominio

Rumori in condominio, è indispensabile la prova concreta del danno provocato dalle immissioni sonore perché possa essere riconosciuto e concesso un risarcimento al presunto danneggiato. Così ha stabilito la Corte di Cassazione (Seconda sezione civile) nella sentenza n. 1363/2017, rigettando la richiesta di risarcimento avanzata dal proprietario di un appartamento che aveva dichiarato di aver subito dei danni a causa di attività rumorose – delle quali chiedeva la cessazione – provenienti da un vicino, senza però fornire una prova concreta e convincente della lesione patita.

In prima istanza, il giudice di pace di Pescara accoglieva la domanda di cessazione e condannato i convenuti al risarcimento dei danni per un valore di mille euro, rilevando che “i testi avevano riferito dell’esistenza di rumori dovuti ai lavori di ristrutturazione nell’appartamento di proprietà dei convenuti”. In merito al danno lamentato, “lo riteneva provato, sul rilievo che in materia di immissioni sonore, di vibrazioni e di scuotimenti atti a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti a uso abitativo, il danno è in re ipsa“, ossia insito nel fatto stesso.

Il Tribunale di Pescara, in qualità di giudice di appello, stravolgeva, invece, suddetta posizione ritenendo che “quantunque dimostrata la sussistenza di un’attività rumorosa, non ne è stata provata l’effettiva intollerabilità”. Ma non solo, giudicava “non del tutto convincenti le prove testimoniali” e, in conclusione, affermava che nel caso in esame “non solo gravità e serietà del danno non trovano riscontro concreto, ma carente la stessa deduzione specifica di una incidenza delle immissioni rumorose sulla vita di relazione dell’attore tale da determinare un danno serio e grave”.

La Corte di Cassazione accoglieva le motivazioni del giudice di merito, giudicandole condivisibili e prive di quei vizi che, dopo l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 Codice Civile, si possono definire come un’anomala motivazione della sentenza impugnata. Pertanto, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al rimborso delle spese processuali.

Sempre in materia di rumori in condominio, la Corte di Cassazione (sentenza 661/2017) pochi giorni ha affrontato il caso di una madre e di un figlio che si lamentavano per i rumori, provenienti anche di notte, “dall’adiacente alloggio adibito ad abitazione della custode”. Nel dettaglio, le lamentele erano legate a immissioni acustiche intollerabili provocate “dall’utilizzo dei servizi igienici e del televisore” e “dalle voci delle persone che si trovavano nella camera da letto”, immissioni riscontrate anche dalla relazione di un consulente tecnico che aveva suggerito al condominio di far insonorizzare l’appartamento della custode. Queste premesse inducevano il Tribunale di Milano a liquidare “equitativamente”, ossia secondo quanto apparso giusto, 10mila euro a favore di ciascuno degli attori, vittime di “un malessere ansioso-depressivo” a causa della pessima qualità di vita all’interno della propria abitazione.

Radicalmente opposto il parere della Corte di Appello, che rigettava la domanda di risarcimento danni ed escludeva ripercussioni serie per madre e figlio, perché i due soggetti “sono individui dalla personalità disturbata, con difficoltà nelle relazioni interpersonali che sono la causa di una reazione abnorme a modeste sollecitazioni disturbanti”, come lo scorrere dell’acqua nei sanitari, la televisione o la presenza di persone nell’appartamento accanto, sufficienti per scartare “il nesso causale tra i rumori e il malessere ansioso-depressivo”.

La Cassazione, con la sentenza 661/2017, ha condiviso la sentenza emessa in appello, cancellando definitivamente l’ipotesi del danno alla salute. Pertanto, ha condannato i ricorrenti alla restituzione della somma ottenuta in primo grado con gli interessi, pari a 28mila euro, oltre a pagare le spese del giudizio, con il doppio contributo unificato.